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Resident Evil 7 – The Beginning Hour

Che avrebbero annunciato un nuovo Resident Evil si sapeva da prima dell’E3, e in quelle voci ufficiose c’era una costante: il “ritorno alle origini” della serie. Le vendite dei retmaster di Resident Evil Rebirth e Zero sono state discrete, un messaggio chiaro recapitato a Capcom da parte dei videogiocatori. Era lecito aspettarsi dunque un ritorno alla terza persona con telecamere fisse o al massimo alla Code Veronica, ma la casa di Osaka ha spiazzato tutti con l’annuncio di Resident Evil 7 dal palco della conferenza Playstation: il gioco sarà in prima persona, addirittura compatibile con PlayStation VR, ed è possibile scaricare un teaser giocabile avendo un abbonamento PlayStation Plus.

Per tutti coloro che non hanno l’abbonamento ecco le nostre impressioni su Resident Evil 7 – The Beginning Hour.
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Resident Evil P.T.

Per chi non lo sapesse o non lo ricordasse, P.T. è l’acronimo di Playable Teaser e fu la “demo” di Silent Hills, ultimo (?) capitolo della saga horror Konami scomparso prematuramente e sepolto in un mare di lacrime. Capcom ha preso l’ispirazione proprio da quel P.T. e da altre dozzine di giochi horror indie e non per l’ennesimo reboot della saga.

The Beginning Hour dovrebbe essere (condizionale d’obbligo) l’incipit della trama che accompagnerà il nuovo Resident Evil. Seguendo un walkthrough lineare, dalla demo non emergono legami palesi tra questo capitolo e le vicende partite da villa Spencer, ma un piccolo indizio si trova continuando a giocare e apre a ipotesi credibili sulla posizione temporale nella timeline della saga. Ipotesi che comunque verrebbero demolite nel caso in cui il gioco finale non terrà conto degli eventi e dei fatti raccontati in questa demo, ovviamente.

A prescindere da tutto l’atmosfera è azzeccatissima: piccoli tocchi di classe nella direzione artistica e mutande sgommate fibrillazioni cardiache assicurate. Il buio, il senso di “smarrimento” del personaggio che si risveglia in un casale abbandonato senza dare al giocatore alcun indizio su come e perchè sia finito in quel posto. Vagare all’interno della casa ed esplorare ogni stanza stordisce e inquieta costantemente. Ogni rumore fa salire la tensione a tal punto da far titubare il giocatore nell’interagire con gli elementi che permettono di farlo (pochi, a dire il vero). Ogni volta che si ricomincia la demo si trovano oggetti o si notano dettagli nuovi rispetto alla prima run, ma occhio al trucco geniale: oggetti e dettagli cambiano in base alle mosse del giocatore. Mosse che ovviamente si basano sul saper già dove andare e cosa cercare, ma il gioco le anticiperà e cambierà (nei limiti del possibile) le situazioni per offrire un esperienza diversa. Questa è una caratteristica abbastanza particolare, ottima per la rigiocabilità di una demo ma, se riuscissero a seguire lo stesso criterio, potrebbe dare tantissimo anche alla versione finale in quanto porta il giocatore a seguire un percorso diverso in modo del tutto naturale.

Rebirth

Siamo di fronte all’ennesimo reboot della serie Resident Evil e le buone premesse ci sono tutte. Nulla di rivoluzionario o innovativo considerando il panorama attuale dei giochi horror, ma nonostante il ritardo Capcom potrebbe aver trovato la strada giusta per rilanciare una serie che ormai aveva ben poco da dire sotto tutti i punti di vista. Il fatto che la casa di Osaka sia arrivata tardi a questa soluzione si nota anche da alcune idee palesemente ispirate ad altri titoli, ma questo tipo di esperienze riescono quasi sempre a fare centro, quindi ci sono ottime probabilità di giocare ad un Resident Evil che farà saltare dalla sedia in più di un occasione, forse più di quanto sia riuscito a fare in vent’anni.
Il parere di chi scrive è che dal quarto capitolo (escluso) in poi Capcom abbia semplicemente cercato di seguire una moda, senza effettivamente sapere i veri motivi che portavano le persone ad amare una determinata tipologia di giochi, proponendo così lavori che somigliavano nella forma a ciò che andava più di moda, ma che mancavano terribilmente nei contenuti.
Il “ritorno alle origini” di cui si parlava nel pre-E3 dunque non si riferiva al setting generale ma all’horror, e il fatto che Resident Evil 7 sarà completamente diverso da tutto ciò che ha offerto la saga fino ad ora la dice lunga su quanto Capcom abbia fatto deragliare negli anni una delle sue creature più amate.
Nell’immaginario collettivo questo brand è sinonimo di horror, non semplicemente di zombi o quasizombichesparano.
Questa volta però sembra che “l’ispirazione” sia buona e giusta sotto molti punti di vista.

Attendiamo fiduciosi.

Un articolo di Er Pupo

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Se mi trovo qui é perché sono romano: ho conosciuto Marco all’expocartoon di Roma quando ancora era un fanboy SEGA, scriveva su un sito di Videogiochi che seguivo e si faceva chiamare TMO (senza l’articolo). Con la morte del Dreamcast TMO impazzì, e ne seguirono una serie di eventi (durati 10 anni e passa) che senza motivazione apparente mi hanno portato a scrivere su Beavers. Sapevo di TMO project quando ancora era nella testa di Timo, anche se non ho ancora ben capito cosa sia, e sono a conoscenza della passione, il tempo ed i soldi che ha dedicato da anni a questa parte. Ancora mi chiedo però cosa significasse la sua vecchia mail, “mamameg” (rischierei la scomunica ndTMO) pero’ sono felice e onorato di essere qui. I miei vizi sono solo sigarette e gaming, dunque va da se’ che sto’ sempre senza na lira (cosa che ci accomuna un pò tutti, su questo sito ndTMO)!

23 Giugno 2016
Categoria: Blog, Comics

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