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Tearaway – Il Messaggero di Carta

E se dentro al messaggiero ci fosse Equitalia?!

Tearaway – Il Messaggero di Carta

Solo Carta

Partiamo in testacoda: Tearaway spogliato di tutta la sovrastruttura è un platform poco più che discreto, e per certi versi manca di alcuni fondamentali del genere. Accompagna il giocatore mano nella mano fino a buon punto del percorso e lo lascia quando il level design comincia a rivelarsi più interessante di quanto ci si aspetta, solo in pochissimi casi si mette di traverso a chi ne gode.
Il fatto è che proprio quella sovrastuttura costituisce la delizia ed il fascino magnetico di questo titolo: un mondo realizzato solo con carta nel quale tu (si, tu che leggi e giocherai al titolo) puoi intervenire direttamente e interagire con i suoi abitanti grazie alle tue dita, alla tua voce e alla tua creatività.

Nessun naturalista in giro?

No, e ci mancherebbe (anche se ormai mi aspetto di tutto), perchè parliamo ovviamente di carta digitale che da vita a un fantastico mondo. Un mondo che, tramite una storia da raccontare, tiene una finestra aperta su quello reale (il nostro) e viceversa: questo è l’affascinante leitmotiv di Tearaway.
Il protagonista di questa realtà parallela è una busta da lettere di nome Iota che deve assolutamente recapitare un messaggio a te (si, sempre tu che leggi e giocherai a questo titolo), per farlo ha bisogno di aiuto e chi può aiutarlo se non tu? Gli strumenti a disposizione comprendono tutte le feature di PSVita, forse sfruttate come mai prima d’ora,non si tratta solo di touchscreen(s), fotocamere e oscilloscopi, anche il lato social della portatile Sony assume un ruolo fondamentale nell’originalissima idea di fondo alla creazione MediaMolecule.
Sul sito tearaway.me vengono caricate tutte le foto realizzate nel cartaceo mondo, e alcuni elementi collezionabili legati all’uso della macchina fotografica a disposizione di Iota sbloccheranno dei veri e propri papercraft da stampare e costruire, relativi agli abitanti dell’universo parallelo, in tutto e per tutto una “continuazione” del gioco nella vita reale.

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Troppo filosofico?

Effettivamente non so se la visione di Tearaway che sto trasmettendo sia troppo “filosofica” (non so neanche se quest’ultimo sia l’aggettivo più adatto), fatto sta che il modo in cui è curata la direzione artistica del gioco, oltre ad emozionare nel finale anche i giocatori più “hardcore”, spinge letteralmente a desiderare di avere quei buffi personaggi di carta e il loro mondo in forma tangibile, magari posti li sulla mensola a ricreare uno scorcio di quei luoghi e dei loro abitanti che stampano sulla faccia un sorriso ebete a ogni tre passi fatti. Le varie ambientazioni rendono in maniera incredibile ciò che devono rappresentare, che sia una foresta allegra o un cupo laboratorio non c’è modo di confonderli o non riconoscere ogni singolo elemento realizzato con gli straordinari decoupage digitali, come straordinario quanto semplice è l’editor che permette di apporre la propria firma creativa all’aspetto di Iota, ma anche ad altri elementi di gioco quando quest’ultimo lo richiede.

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Testa o Cuore?

Alla fantastica direzione artistica e al geniale -nonché riuscitissimo- esperimento di mettere in contatto due mondi, si contrappone un level design che supera la sufficienza in (poche) circostanze prevalentemente legate alla ricerca dei collezionabili e all’ottenimento di alcuni trofei, che è anche il basamento sul quale regge la longevità del titolo. Mi sono accorto che nei 3500 caratteri di questo articolo diverse declinazioni degli aggettivi affascinante, geniale, fantastico e originale si ripetono più volte, e il gioco le merita tutte, ma curare un po’ più alcuni fondamentali del genere avrebbe portato l’ultimo lavoro dei MediaMolecule ad occupare un posto di rilievo nell’Olimpo dei platform. Nella mitologica residenza, comunque, Tearaway è entrato dalla porta principale su un tappeto rosso disteso per l’occasione.

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Un articolo di Er Pupo

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Se mi trovo qui é perché sono romano: ho conosciuto Marco all’expocartoon di Roma quando ancora era un fanboy SEGA, scriveva su un sito di Videogiochi che seguivo e si faceva chiamare TMO (senza l’articolo). Con la morte del Dreamcast TMO impazzì, e ne seguirono una serie di eventi (durati 10 anni e passa) che senza motivazione apparente mi hanno portato a scrivere su Beavers. Sapevo di TMO project quando ancora era nella testa di Timo, anche se non ho ancora ben capito cosa sia, e sono a conoscenza della passione, il tempo ed i soldi che ha dedicato da anni a questa parte. Ancora mi chiedo però cosa significasse la sua vecchia mail, “mamameg” (rischierei la scomunica ndTMO) pero’ sono felice e onorato di essere qui. I miei vizi sono solo sigarette e gaming, dunque va da se’ che sto’ sempre senza na lira (cosa che ci accomuna un pò tutti, su questo sito ndTMO)!

03 Febbraio 2014
Categoria: Comics, Review

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