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Broken Age

Punta e clicca non si fa mica solo sui siti porno.

Broken Age

Neanche mi ricordo di come venni a sapere della campagna Kickstarter lanciata da Tim Schafer, che annunciò una “Kickstarter Revolution” che per certi versi c’è stata, per altri un po’ meno. Mi ricordo che, però, da allora sono rimasto con il cuore puntato verso la release della “prima avventura di Tim Schafer in 16 anni”.

Da bravo fanboy del genere e dello sviluppatore, ho contribuito alla campagna Kickstarter pressocché immediatamente. Quando Schafer, poi, avvisò tutti i suoi backers che, nonostante l’enorme successo della campagna e l’enorme quantità di fondi raccolta, il progetto era cresciuto al punto da non rientrare nel budget e quindi necessitava di essere rilasciato in due episodi, non mi scomposi minimamente.

Del resto, come anche Diduz di Lucasdelirium precisa in maniera enciclopedica e che qui riporto (se siete interessati al mondo LucasFilm\LucasArts e a chi lo ha popolato dovete assolutamente consultare le pagine di quel sito), chi conosce Schafer sa perfettamente che questo è normale: Grim Fandango costò l’equivalente di odierni 4.200.000 dollari e anche questo titolo stava per subire un taglio in due episodi; Psychonauts costò 12 milioni di dollari e ci mise 5 anni per essere sviluppato; Brutal Legend costò ben 24 milioni e perse un anno di sviluppo nel passaggio da Activision ad Electronic Arts.

Insomma, il quadro credo sia chiaro.

Sempre da bravo fanboy, che però si sentiva leggermente più importante per aver investito la somma di 15 dollari, quando il primo episodio di Broken Age mi è arrivato in leggera anteprima rispetto ai “comuni mortali”, nonostante la richiesta iniziale di non far fioccare recensioni che potessero brulicare di spoiler fosse stata revocata, mi sono astenuto dal parlarne.

In realtà, a dirla tutta, mi sono astenuto anche dal giocarci, ma questo per mancanza di tempo materiale, non per colpa del gioco :V Poi il tempo è tornato e il resto è quanto segue.

Broken Age è un’avventura punta e clicca che prova a ritrovare le sue radici appartenenti all’era d’oro del genere a cui appartiene e narra le due storie parallele-ma-anche-no di due adolescenti: Vella e Shay. Il titolo, ad una prima lettura, sembra riferirsi alle loro rispettive adolescenze che sembrano tanto serene alla base, ma broken, difettose, per un elemento caratterizzante.

Nel villaggio di Sugar Bunting, Vella è all’indomani di un avvenimento molto importante per le ragazze della sua età: la Maiden’s Feast. Si tratta di una cerimonia che avviene in ogni villaggio e ogni quattordici anni e coinvolge una selezione di giovani nubili. Quello che all’apparenza sembra essere una specie di concorso di bellezza, viene vissuto come un grande onore da parte di ogni famiglia e dalle stesse ragazze.

In realtà, per Vella non rappresenta proprio il massimo. La cerimonia, infatti prevede che le partecipanti vengano condite come fossero delle squisite pietanze e quindi sacrificate per andare in pasto ad un’orrenda creatura chiamata Mog Chothra che, da tempo immemore, si nutre di questo sacrificio con la promessa di non distruggere il villaggio di turno.

Quella di Shay, invece, è una storia diversa. Lui non vive in un villaggio, ma nello spazio. La sua casa è un’astronave, la Bassinostra, gestita completamente e in maniera ossessiva, da quelle che sembrano essere due intelligenze artificiali iperprotettive e onnipresenti: Mamma e Papà. A quanto pare Shay fa parte dell’Operation Dandelion e rappresenta uno dei pochi sopravvissuti della sua razza dopo la distruzione del suo pianeta. Lo scopo dell’astronave è quello di mantenerlo al sicuro fino a quando non si sarà trovato un pianeta adatto sul quale farlo vivere.

Ogni muro e ogni angolo dell’astronave, tappezzato di faccine sorridenti e colori, sembra essere costruito in maniera tale da non far correre a Shay il minimo rischio e sembra quasi volergli impedire di crescere, nonostante lui non sia più un bambino.

Nell’astronave, tutto risulta in qualche modo finto, programmato. Il controllo che Shay ha su ciò che lo circonda è quello che dei controlli giocattolo rendono possibile. Le sue giornate, interamente regolate dal computer-madre, dalla prima colazione all’ora della nanna, è scandito da finte missioni ormai decisamente troppo infantili, che lo fanno incontrare con quelli che sono probabilmente gli unici amici che abbia mai avuto: dei pupazzetti imbottiti, senzienti e con una voce stridulissima, che all’occorrenza fingono di essere prigionieri di un attacco alieno, o persone da trarre in salvo da una valanga di squisita crema gelato.

Il “difetto” che vediamo nella storia di Vella risiede in questo totale assenso da parte di tutti (meno uno, il vecchio nonno) a questo assurdo rituale. Il tutto sembra riassumersi in una frase pronunciata da lei a pochi minuti dall’inizio del gioco: “E se invece lo facessimo fuori, questo mostro?”

Il “difetto” che vediamo nella storia di Shay, invece, risiede in quel costante sentimento di “dolce prigionia” che si prova nel vederlo ripetere tutti i giorni una routine che solo un bambino di dieci anni più piccolo di lui potrebbe trovare ancora divertente. Quando lo spirito avventuriero dell’adolescente che c’è in Shay lo porterà a ribellarsi a questo circolo vizioso, immediatamente scopriremo quanto è grande il numero di cose che gli viene celato.

Alla fine di questo primo atto, però, sarà difficile attribuire lo stesso significato al nome del gioco e vedrete voi stesso perché. Broken non significherà soltanto qualcosa di semplicemente difettoso. Occorrerà aspettare di giocare anche il secondo atto per sperare di capire tutto quello che il titolo sembra racchiudere. Non parlo oltre altrimenti si rischiano veri spoiler. Parliamo di come è fatta questa adventure, invece.

Programmata su MOAI (una piattaforma di sviluppo open source, tarata per videogiochi 2D e a sua volta basata sul linguaggio di scripting Lua) l’avventura si muove sullo schermo in maniera piacevolmente fluida.

Sembra infatti di avere una mano nel passato e una nel futuro, quando vediamo dei veri e propri dipinti ad acquerello prendere vita sullo schermo. I personaggi, ben caratterizzati nel vestire e nell’espressività sono costruiti “a blocchi”, così da rendere da un lato più facile, da un lato più caratteristico, lo sviluppo dei loro movimenti (anche se con dei rari “contro”, tipo quello che segue :V):

Personalmente, l’immersione nel mondo di gioco è avvenuta immediatamente, complici una serie infinita di accorgimenti tipici di chi, come Schafer, ha a cuore quello che fa. I colori, le luci, l’atmosfera, il mood generale dei personaggi, i dialoghi e la musica (curata dal sempreverde Peter McConnell) contribuiscono a dare al gioco una raro senso di unità. La destrezza di Schafer nel far vivere in pensieri, parole e azioni Vella e Shay e tutti i personaggi a corredo di questa intricata favola, è l’ennesima dimostrazione che – proprio come ritengo accada per i film di Terry Gilliam – un gioco di Schafer lo si riconosce a chilometri di distanza.

L’elevato budget (per quanto depredato) ha permesso (o spinto) a Double Fine di non lesinare su elementi come la colonna sonora e il doppiaggio. Peter McConnell ha chiamato a sé, tra gli altri, la Melbourne Symphony Orchestra e se leggete la descrizione allegata al link precedentemente indicato, troverete anche una breve spiegazione del processo creativo dietro alla creazione della OST. Un cast d’eccezione vedrà Elijah Wood doppiare Shay, Jack Black nel ruolo di Harm’ny Lightbeard, Jennifer Hale (celebre voce femminile del Comandante Shepard di Mass Effect) nel ruolo del computer-mamma di Shay, Wil Wheaton interpretare un paranoico taglialegna e la mitica (quanto irriconoscibile) voce del Dr. Fred Edison di Day of The Tentacle, Nick Jameson, interpretare il sindaco della città di Shellmound.

Questo gioco rivoluzionerà di nuovo il genere delle avventure punta e clicca, riportandolo definitivamente alla ribalta? No, personalmente, al momento non credo farà nessuna delle due cose. Però al contempo ritengo che non contribuirà ad esso in maniera negativa.

Molti sono preoccupati da una presunta deriva casual delle avventure grafiche. Il primo capitolo di Broken Age, almeno per un videogiocatore di adventures “atavico” come me, è risultato anche piuttosto semplice da completare. Essendo abituato al modo di pensare di Schafer, mi sono ritrovato a risolvere uno dei puzzle probabilmente progettato per essere tra i più difficili in maniera quasi automatica, in altri ci sono “inciampato dentro” risolvendoli quasi prima ancora di scoprirne tutti i meccanismi.

Ma niente di tutto questo è, per me, qualcosa di necessariamente negativo o scandaloso. Il gioco non è stato creato per me singolarmente, ma per una pletora di appassionati che a sua volta ha spinto sicuramente altra gente, che magari non c’entra niente, ad interrogarsi su cosa fosse quel titolo così tanto atteso.

Giocare a Broken Age come prima avventura grafica e vivere i due personaggi di Vella e Shay così ben incastrati – seppur così stretti – all’interno dei loro rispettivi mondi può, secondo me, contribuire a creare una nuova generazione di videogiocatori.

8

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Un articolo di LostTrainDude

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Sono videogiocatore dai tempi del seggiolone (ero l'orgoglio della famiglia, riuscendo a battere i primi livelli di R-Type su Amiga a 2 anni) e appassionato di musica e scrittura dai tempi del liceo. Sono uno a cui piace fare un sacco di cose, il problema è che mi piace farle contemporaneamente. Ho conosciuto TheTMO prima per sentito dire (definito "la persona con più videogiochi che abbia mai visto") e poi, un paio d'anni dopo, per visto fare. Da quella volta che giocammo uno contro l'altro a Quoridor, se oggi sono qui a scrivere su Beavers e se siamo finiti a partecipare insieme alle Global Game Jam con la Lonely Crew, è probabilmente perché quella partita la persi. Da lì ho cominciato a condividere grandi avventure esilaranti su Beavers assieme ad Oink, Er'Pupo e Prophet che fanno di questo uno dei posti più belli e divertenti nei quali mi sia trovato a stare da sempre.

20 Febbraio 2014
Categoria: Comics, Review

Commenti

4 risposte a “Broken Age”

  1. Francesco Segala ha detto:

    lacrimuccia per la vignetta ed ottima recensione! adesso toccherà svenarci di attesa per la parte 2

  2. Murdock ha detto:

    Recensione che spacca fin dal sottotitolo xD La vignetta è splendida! Complimenti ad entrambi! :D
    Purtroppo non ho ancora avuto modo di provare quest’ultima fatica di Schafer, ma ho intenzione di rimediare al più presto.

  3. Alessandro Billeri ha detto:

    Vignetta commoventissima (ovviamente poi uno si ribalta quando guarda quella di fondo).

    Non vedo l’ora che esca per iPad ‘sto cazzo di gioco..

  4. Marco Giammetti ha detto:

    Grazie ragazzi! E sopratutto grazie a Christopher, il pezzo è bellissimo imho.

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