Shardlight
Shardlight è un’avventura punta e clicca, in ambientazione post-apocalittica, sviluppata e pubblicata da Wadjet Eye Games (tra i cui altri titoli figurano la saga di Blackwell, Resonance e Gemini Rue).
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A vent’anni da un conflitto che, da un giorno all’altro, ha cambiato la storia, morte, malattia, fame e saccheggi costituiscono ormai una realtà quotidiana. In questo clima di forte disagio, illuminato pressocché ovunque da verdi frammenti di uranio cristallizzato, si è fatto sempre più strada un certo tipo di aristocrazia.
Si tratta di un’aristocrazia che ha deciso di assumere canoni estetici simili a quelli della Francia di fine Ottocento e che apparentemente gode nell’ostentare condizioni di vita diametralmente opposte a quelle dei ceti più popolari, costituiti da persone qualunque che muoiono per le strade. Ad ucciderle, più che la fame, è un’epidemia chiamata Green Lung che, se non le uccide, le fa sparire al di là della Quarantine Zone, da dove non fanno più ritorno.
Il governo pressa i commercianti affinché consegnino risorse in cambio di buoni pasto e centellina la somministrazione di un vaccino contro l’epidemia attraverso una lotteria giornaliera i cui biglietti si possono acquisire portando a termine delle missioni per conto del governo stesso.
Tutto questo rappresenta una realtà che per la protagonista del gioco, il giovane meccanico Amy Wellard, è praticamente sempre esistita, in quanto forse troppo giovane per ricordare bene come fosse il mondo “prima che le bombe cadessero”.
Amy ci viene presentata mentre si infiltra in una base sotterranea abbandonata, dove dovrà riattivare un reattore per completare uno dei “lavoretti” per conto del Ministro dell’Energia Tiberius: personaggio dal volto perennemente coperto da una maschera anti-gas ricavata da una maschera di porcellana.
È da subito, infatti, che veniamo a sapere che Amy ha contratto la malattia ed è altrettanto da subito che traspare quanto ciò suoni come una condanna a morte. Amy si concede raramente di confessarlo perché sa già che, se si venisse a sapere, verrebbe spedita nella Quarantine Zone, da dove nessuno è mai uscito una volta entrato.
Il voler entrare in possesso di un biglietto vincente è il motore che fa partire l’intreccio narrativo del gioco. Una volta portato al termine il lavoro, Amy si ritroverà a condurci per quello che resta del mondo, in un’epoca in cui anche le filastrocche per bambini raccontano la realtà post-apocalittica e le storie attorno alla figura mistico-salvifica di un Mietitore (The Reaper), da alcuni venerato come un dio. Un’epoca in cui il “vecchio mondo” esiste solo nei ricordi dei più anziani, in letteratura e in qualche fotografia.
Fotografie come quella che Amy custodisce, che la raffigura mentre cerca di rimettere in sesto una vecchia automobile assieme al padre, figura presente-assente che inaspettatamente la lega a quella che sembra essere unica l’unica speranza per la città: Danton – personaggio che eredita il nome da una nota figura di spicco della Rivoluzione Francese – donna dallo sguardo fiero e determinato che, assieme ad un manipolo di seguaci, guida la resistenza armata contro l’aristocrazia.
Come si presenta, Shardlight?
Grafica
La bassa risoluzione (320×200) non impedisce a Ben Chandler di produrre fondali di grande efficacia. Sempre più esperto nella somministrazione dei colori – per quanto mi riguarda, uno dei suoi marchi di fabbrica – immediatamente ci fa riconoscere, nel verde di Shardlight, emozioni e caratteristiche che danno vita, morte e significato al mondo di gioco.
I diversi luoghi sono dotati di profondità aggiuntiva grazie ai molti dettagli sparsi qui e là appositamente per ingannare – in senso buono – l’occhio di chi li guarda. Tra questi dettagli non mancano le animazioni che con la loro fluidità vanno a rendere memorabili quelli che sono gli eventi più importanti del gioco.
Da questo punto di vista il rispetto degli sviluppatori per i giocatori non potrebbe essere migliore. È norma delle avventure punta e clicca “premiare” i giocatori che risolvono puzzle più o meno lunghi con animazioni ben fatte.
I ritratti che accompagnano i dialoghi dei personaggi – una prassi di eredità del Sierra da sempre abbracciata da Wadjet Eye Games – sono dipinti da Ivan Ulyanov, che fece lo stesso per Technobabylon, dando dettaglio e “anima” al volto dei personaggi che la bassa risoluzione ci consente di apprezzare solo approssimativamente.
E poi ci sono i corvi, ovviamente. Corvi dagli occhi rossi, chissà perché.
Doppiaggio e musica
A parte del cast di attori già noto agli appassionati dei titoli Wadjet Eye Games (Brian Silliman, già Azriel Odin in Gemini Rue; Abe Goldfarb, già Crispin in Primordia; Miranda Gauvin, già Madeline in Blackwell Epiphany) va aggiunta la presenza speciale di Mike Pollock, voce di Dr. Eggman della serie di Sonic.
La colonna sonora, firmata da Nathaniel Chambers (già autore di quella di Primordia), conferisce una buona atmosfera ai diversi momenti del gioco, a volte con pochi strumenti – ricordandomi il tema di Tristram del primo Diablo – e a volte con i giusti colori in più.
Poco forse la si può apprezzare, se ci si concentra troppo ad ascoltare i dialoghi e si resta troppo poco nello stesso posto. Questo, tuttavia non è un problema specifico di Shardlight, ma di molti giochi delle ultime generazioni (e sicuramente anche della mia scarsa attenzione :V).
Ok, ma è divertente?
Sì, anche se probabilmente non è l’avventura punta e clicca più impegnativa alla quale possiate giocare (casomai fosse la vostra priorità).
Se si è attenti si possono evitare i viaggi “avanti e indietro” quasi completamente. Abbastanza presto il design abitua i giocatori alle meccaniche che incontreranno durante il resto del gioco e ci capiterà di risolvere puzzle in maniera simile ad altri.
L’inventario non è mai “sovraffollato”, cosa che rende il tutto più verosimile, contrariamente agli standard dei “classici” del genere, dove oggetti più grandi del protagonista tranquillamente gli entrano nelle tasche.
Ascoltare il commento degli sviluppatori (ovviamente dopo aver finito già una volta il gioco) è molto interessante. Se per caso vi siete persi citazioni (anche palesissime) provenienti da libri, film, videogiochi e musica, le troverete lì. Molti piccoli retroscena su varie sezioni del gioco proiettano i giocatori nella “quotidianità” di un designer, di un grafico, di un produttore e di un musicista.
Conclusioni
Francisco Gonzalez e Ben Chandler, rispettivamente designer e artista, sono il cuore del team dietro lo sviluppo di Shardlight. Insieme hanno da tempo stabilito un sodalizio artistico che, riunitosi sotto Wadjet Eye Games, non poteva che migliorare.
Stilisticamente quasi ineccepibile, come tutti i giochi di Wadjet Eye Games, Shardlight si lascia tranquillamente giocare e, pur non essendo molto impegnativo, sicuramente ci tiene a gratificare il giocatore e ad accompagnarlo con un’ambientazione suggestiva e una colonna sonora appropriata. I personaggi di questa storia saranno facili da collocare, ma forse più difficili da inquadrare e questo è un valore aggiunto.
Tutto quello che potrebbe essere un cliché, in un’ambientazione ormai non più così poco trattata, viene comunque arricchito dai personaggi e da piccole trovate che ci rendono forse più vicini agli autori che non al gioco stesso.
Ho impiegato circa 7 ore e mezza per completarlo “da parte a parte”, soffermandomi su tutti gli hotspot, nella speranza di carpire qualcosa in più sul mondo che mi circondava. Molto di quello che c’è da sapere, però, risiede nella comunicazione con gli altri personaggi, alcuni dei quali sanno essere più memorabili di altri – nonostante nello sviluppo del gioco sia stata data molta importanza alla loro caratterizzazione.
In ultimo c’è da sapere che un prequel a questo gioco uscì già nel 2013. Si tratta di The Rebirth/The Reaper, due brevi titoli sviluppati rispettivamente da Gonzalez e Chandler in 7 giorni, durante una competizione sui forum di Adventure Game Studio. I due titoli sono scaricabili insieme, gratuitamente.
E, incredibile ma vero, esiste una demo per Shardlight, disponibile anche sulla pagina Steam del gioco, per noi peccatori che vogliamo provare per credere.
Immagini splendide.
Grazie.