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Infamous: First Light

Quando un DLC è meglio del gioco principale

Infamous: First Light

Giocando Second Son ho potuto apprezzare il mastodontico lavoro grafico fatto da Sucker Punch: se tra il passaggio dal primo capitolo di Infamous al secondo, su PS3, sembrava fosse passata una generazione, il titolo per PS4 penso sia in assoluto il gioco graficamente più bello che abbia mai visto: full hd, strapieno di particolari, ogni tanto pure 60FPS, dettagli al limite del maniacale, rifrazioni, effetti particellari e modellazione al limite del realistico con un sapore caricaturale.

Insomma un lavoro enorme. Dopo aver letto la recensione di Prophet non avevo avuto la possibilità di saggiare il gameplay di questo prodotto, e mi ci sono fiondato anima e corpo nel momento stesso in cui ne ho avuto la possibilità. Ebbene, per quanto la grafica sia incredibile, se il photo mode di un gioco diventa la cosa più divertente da fare allora c’è qualcosa che non funziona.

Confermando tutte le pecche elencate nella scorsa recensione, ed aggiungendo che la storia ed il personaggio principale non reggono minimamente il confronto con gli eventi che hanno visto come protagonista Cole (ma manco col binocolo) mi accingevo a giocare l’espansione sapendo che mi sarei definitivamente rovinato una serie.

Quanto mi sbagliavo

Tutti gli aspetti che in Second Son risultano lenti e snervanti sono stati completamente cancellati: il sistema di combattimento è passato da un laggatissimo caos senza senso ad un sistema di pugni ed attacchi ravvicinati che lasciano non poca soddisfazione, mettendo addirittura molte volte la parte TPS in secondo piano.

La gesione dei potenziamenti di Fetch, avendo un solo potere, è più ragionata: abbattendo a mani nude un nemico si ha la possibilità di aggiungere un attacco corpo a corpo da KO immediato, attingendo dai Neon per la città invece si caricano dei raggi a ricerca automatica, ma tutto molto più velocemente rispetto a Delsin e con un sistema di crescita a punteggio basato sia sulla raccolta dei collezionabili, sia sulle azioni create a mo di “eventi”, visibili da un menù sicuramente meno incasinato.

Gli stessi murales, bellissimi da vedere in SS, meno da fare vista la lentezza del processo, qui assumono un ruolo molto meno minigame e più da punteggio puro, anche perchè più immediati e veloci da realizzare e con zero tempi morti.

La crescita del personaggio non ha bisogno di ricerche tutte uguali di improbabili generatori piazzati in giro per la città, ma fa parte della storia, cresce assieme a Fetch e lascia la possibilità di concentrarsi sul girovagare per la città e fare a pezzi tutto quello che si muove; Sembra strano a dirsi per un titolo della serie Infamous, ma avendo eliminato anche la scelta morale si gioca con molta più scioltezza.

La storia è più interessante, è cruda, raccontata meglio e Fetch non è assolutamente la classica figa da gioco classico (per quanto in Yoga Pants arancioni faccia il suo dovere) che ormai siamo abituati a vedere, il che la porta su un gradino ancora più alto, avendo reazioni decisamente più sensate rispetto a Delsin stesso (che parte bene, ma diventa insopportabile).

Un plus non da poco

Volendo ci sono anche delle arene affrontabili, con sfide crescenti, sono parecchio divertenti, disponibili una volta finite nella modalità storia: Avendo un gameplay veramente piacevole è bello tornare a fare a botte e sparare laser in giro ogni tanto. Se avete Second Son si può usare anche Delsin… sinceramente, è molto più divertente sparacchiare con la nostra nuova amica.

Il gioco dura poco (4/5 ore) è vero, ma non annoia, ha missioni sono molto varie ed il costo del gioco è abbordabile, ormai lo si trova a poco o in offerta con il PSplus.
Fosse stato così tutto Second Son sarebbe stato un capolavoro. Che peccato.
Quasi spero esca un Second Light.

7.5

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La recensione è stata fatta finendo completamente i giochi Second Son e poi First Light, con una buona percentuale di sidequest. Le Review Copy, aggiornate all’ ultima versione disponibile al momento, ci sono state fornite da Sony. Grazie assai!

Un articolo di the TMO

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per gli amici Timo, è in realtà Marco E. Giammetti, sul pianeta terra dal 1979 e grafico dal giorno prima. Ha cominciato a mettere le appiccicaticce manine sui videogame all’ età di 3 anni con un Vic 20 e non ha più smesso di giocare da quella data in poi, frequentando sale giochi malfamate e rischiando più volte la bocciatura a scuola per tentare di uccidere quell’ ultimo maledetto boss.

20 Novembre 2014
Categoria: Comics, Review

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