Outlast
Da quando abito in una casa di campagna sperduta in mezzo al nulla e senza luci esterne devo ammettere che i giochi horror hanno tutto un altro sapore, sopratutto quando poi, finito di giocare, ti viene chiesto di andare a buttare l’immondizia, facendo un vialetto di un centinaio di metri con il classico scricchiolio della strada sterrata, magari piove pure, ed il gatto ti fa gli agguati dall’ albero di prugne, saltandoti sulla schiena.
Con questi presupposti c’ho messo un pò a prendere il coraggio necessario per giocare ad Outlast, nonostante abbia sul groppone una lunga sequela di giochi della stessa tipologia, che mi piace definire weaponless horror games.
Il primo in assoluto che ho giocato era la versione giapponese di Clock Tower per SNES, praticamente non c’ho capito una mazza ma il fatto di poter solo scappare e nascondersi era gia di per se terrorizzante e frustrante; l’idea alla base di Outlast è la stessa, come anche in Slender o Amnesia e Penumbra, cioè gambe in spalla e fanculo tutti, nonostante portarsi dietro uno shotgun sarebbe stata un idea mica male, il vostro obiettivo è la sopravvivenza.
Impersonando i panni di un reporter che intende scoprire la verità nascosta di un manicomio teoricamente abbandonato, armato solo di una telecamera a pile vi ritroverete in una situazione che definire pessima e poco: è come quando alle medie andavate ad una festa senza essere invitati, tutti vi vogliono accoppare.
Outlast è un prodotto indipendente, proprio per questo sorprende il livello grafico del titolo, non solo della modellazione dei personaggi ma anche in generale del dettaglio degli ambienti, degli oggetti e della verosimiglianza dei luoghi. E’ tutto ad un dettaglio altissimo, accentuato tutto da un sapiente uso delle luci e delle ombre (infatti vi consiglio di non esagerare con la regolazione della luminosità, tenete tutto basso, sennò sezioni intere del gioco non avrebbero senso). Il vostro personaggio per quanto completamente fesso, perchè se tu arrivi davanti ad un manicomio e trovi 2 hammer militari giri i tacchi e te ne vai, non entri, dicevo il protagonista è incredibilmente agile e meno statico rispetto agli altri titolo del genere, infatti corre, salta, si arrampica ed in generale si comporta come la versione maschile e con le mutande sporche di cacca di Faith. L’unica cosa che non capisco è come mai hanno dettagliato tutto in una maniera maniacale tranne le mani del personaggio, troppo squadrate e sempre in primo piano: bello per vedere, quando ci si avvicina ad un angolo per spiare, le mani che si piegano sul muro o su un oggetto, immersivo.
La telecamera vi da la possibilità di zoomare e di raccogliere informazioni sull’ ambiente e sui personaggi, sottoforma di appunti, e la visuale notturna vi permette di non perdervi visto che la luce mancherà spesso e volentieri. L’effetto della telecamera è ben reso, funzionale e veloce. Addirittura c’è il tempo di durata della registrazione (rosicata totale: speravo che alla fine del gioco fosse possibile rivedere tutto quello che la telecamera aveva registrato. E invece no. nn vero spreco, speriamo nel DLC, anche se sembra sia un prequel) ed ovviamente la carica della batteria, infatti le pile durano poco e niente. Fortunatamente gli ospiti del manicomio evidentemente le collezionano visto che le trovate sparse un pò ovunque, non tantissime, ma in tutta l’esperienza di gioco non sono mai rimasto a secco.
Un altro punto in comune con altre produzioni del genere è la presenza di avversari perpetui, ovvero dei rompicoglioni che vi inseguiranno per tutta la durata del gioco senza tregua, in generale più intelligenti e implacabili dei nemici base. Se nel caso dei nemici “normali” avete la possibilità di salvarvi se venite colpiti, con i nemici più tosti un solo colpo vi manda al creatore.
Nascondersi è il punto focale del gioco in questi casi, assieme alla fuga (e il sistema che permette di guardarvi alla spalle mentre correte è scenografico ma pessimo, il 90% delle volte vi ritrovate con la faccia incastrata in un muro) infatti ci sono veri e propri nascondigli palesi, dove vi viene anche detto di premere il tasto apposito, ed altri più naturali, tipo scrivanie o semplicemente dietro un mobile, l’importante è non farsi scoprire insomma.
I nemici sfondano qualsiasi porta, quindi chiuderle serve soltanto per rallentarli e permettervi di trovare un nascondiglio. Ma le porte rotte restano rotte, quindi uscire dalle situazioni velocemente è la cosa migliore.
L’atmosfera non sarebbe completa senza un adeguata dose di sangue, quanto ne volete, infatti è un gioco decisamente cruento, sporco, così come i suoni ambientali e le poche musiche, i dialoghi parlati si contano sulle dita di una mano ma sono comunque ben fatti anche se non verranno ricordati come miglior esempio di sincronia facciale, i volti sono un pò statici per quanto dettagliati.
Le scelte di Game design di Outlast sono estremamente intelligenti: la bellezza grafica ed il dettaglio generale è possibile, secondo me, grazie all’ enorme staticità dell’ ambiente: per quanto le porte si possano aprire velocemente o piano (e chiuderle sbattendo, scemo di un reporter, fai piano!) l’interazione con il gioco finisce li, al massimo qualche pulsante o leva, quindi il non dover inserire fisica degli oggetti o complessi enigmi basati sulla stessa ha permesso di aumentare il dettaglio di qualsiasi cosa presente nella mappa.
Lasciando la libertà di esplorazione limitata ad un vicolo cieco o alla strada giusta ha dato la possibilità di focalizzare l’attenzione sulle parti spaventose, in pratica è come un giro sulle montagne russe, sono pochissime le situazioni horror che potete perdervi ed il gioco ad un certo punto vi mette in uno stato di ansia così elevato da farvi immaginare cose che magari non ci sono neanche, grazie anche all’ amico buio, spesso presente in modo abbondante. Anzi per certi versi ci sono andati anche leggeri visto che in paio di punti mi sarei aspettato qualche bel botto. Preferire di lasciar fare tutto alla mente del giocatore è una bella idea, l’abc dell’ horror dai, quindi sotto questo punto di vista è un prodotto ottimo.
Certo, gli enigmi sono ripetitivi, non è innovativo sotto nessun punto di vista (gia Slender the Arrival aveva la telecamera, per dire e a sua volta rubava non poco da Penumbra e Amnesia) ma è un gioco molto giocabile, con un ottimo sistema di controllo (su pc il pad è supportato alla grande, compresi i grilletti analogici per sporgersi), una storia ben raccontata ed interessante da scoprire che vi lascia con alcune domande senza risposta proprio come ESP o REC, che sono i primi film vi verranno in mente mentre giocate.
In pratica sono 5/6 ore di film interattivo giocabilissimo. Chiedere di più ad un prodotto indie che vi costa una decina di euro mi pare difficile (Red Barrel non è proprio formata da ragazzi alle prime armi eh, ma sono pur sempre solo 12 persone). Non vedo l’ora di giocare il DLC.
Me l’hanno regalato col plus ma non credo proprio lo giocherò mai :P
il fumetto finale è mitico :D